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Barometro: ora tocca ai mercati emergenti
Asset allocation: l'allentamento monetario negli Stati Uniti rende più appetibili gli asset più rischiosi
A settembre, il taglio dei tassi d'interesse da parte della Federal Reserve statunitense è stato di 50 punti base, rafforzando così la nostra convinzione che l'economia del Paese possa evitare una recessione e godere di un soft landing.
Di conseguenza, aumentiamo la nostra esposizione alle asset class più rischiose, portando a sovrappeso le azioni e facendo lo stesso con le azioni e il debito dei mercati emergenti. Gli asset dei mercati emergenti sono particolarmente interessanti in quanto questa sarà la regione che beneficerà maggiormente dell'allentamento della politica monetaria statunitense e della ripresa del commercio globale.
Riduciamo a sottopeso la liquidità.
Tuttavia, manteniamo neutrale la nostra posizione sulle obbligazioni dei mercati sviluppati. In molti casi, i rendimenti dei titoli di Stato sono troppo bassi ed è probabile che deludano gli investitori, a meno che non si verifichi una recessione: uno scenario che riteniamo improbabile. Come mostra la Fig. 2, la traiettoria dei tassi d'interesse che il mercato obbligazionario sta scontando per il 2025 è molto più accomodante rispetto al tracciato della Fed.
La nostra analisi del ciclo economico indica un certo rallentamento dell'attività economica globale.
L'economia statunitense inizia a mostrare segni di rallentamento dopo un periodo di resilienza eccezionale, in cui ha registrato una crescita superiore al potenziale in sette degli ultimi otto trimestri.
Nei prossimi mesi è probabile un calo del consumo (che rappresenta ben oltre la metà del PIL statunitense), soprattutto nei servizi, cosa che comporterà un rallentamento più marcato.
Le condizioni del mercato del lavoro (su cui la Fed ora punta l'attenzione) corrispondono a un tasso di crescita del PIL di circa il 2% annualizzato, vicino al potenziale a lungo termine.
Prevediamo un ulteriore indebolimento dell'economia europea. Il calo dei prezzi dell'energia non ha incoraggiato un aumento degli investimenti. Le esportazioni nette, finora motore di crescita, sono ora a rischio a causa delle difficoltà della ripresa in Cina. Siamo più ottimisti sul Regno Unito, che beneficia della solidità dei settori dei servizi e dell'industria. Si prevede che la Bank of England attui quest'anno due tagli dei tassi d'interesse, il che dovrebbe migliorare ulteriormente le prospettive economiche.
Secondo noi, il Giappone è l'unica grande economia sviluppata che, grazie al consumo, supererà le previsioni di crescita nel 2025. Ciò consentirà alla Banca del Giappone di continuare la normalizzazione della sua politica monetaria.
Per quanto riguarda i Paesi emergenti, la crescita in Cina resta anemica: nel terzo trimestre il PIL è aumentato dello 0,4% su base annua, in forte contrasto con il 4-5% registrato nei primi due trimestri di quest'anno. L'ultimo pacchetto di misure di allentamento della Banca Popolare Cinese, più ampio del previsto, potrebbe migliorare il sentiment in modo più efficace se accompagnato da misure di bilancio altrettanto decise.
In ogni caso, l'attività economica nel resto dei mercati emergenti è incoraggiante. I Paesi in via di sviluppo dovrebbero essere favoriti in caso di ripresa del commercio globale, poiché la regione è due volte più sensibile a un miglioramento della crescita del commercio mondiale rispetto alle economie sviluppate.
I nostri indicatori di liquidità supportano una posizione di sovrappeso sull'azionario. Il taglio dei tassi d'interesse da parte delle banche centrali di Paesi che rappresentano oltre due terzi del PIL mondiale favorisce un allentamento delle condizioni monetarie tale da sostenere le asset class più rischiose.
Prevediamo ancora cinque tagli dei tassi da parte della Fed: un allentamento considerevole, ma inferiore a quello attualmente scontato dal mercato. Ci aspettiamo che la Banca Centrale Europea si porti alla pari con le sue controparti, riducendo i tassi d'interesse a ogni riunione sino a raggiungere un tasso terminale del 2%.
I nostri modelli di valutazione mostrano un forte rincaro delle obbligazioni. La probabilità di un atterraggio morbido per l'economia statunitense fanno sì che il ritmo di allentamento attualmente scontato dal mercato risulti troppo aggressivo. Le azioni rimangono costose, ma le loro valutazioni non sono ai livelli di una bolla speculativa.
Il nostro indicatore tecnico mostra che è probabile che le azioni restino sostenute fino alla fine del 2024 grazie alla tendenza stagionale (le azioni ottengono di solito buoni risultati negli ultimi mesi dell'anno).
Inoltre, il momentum è positivo, con gli Stati Uniti che attraggono la maggior parte dei flussi in entrata del portafoglio azionario. Anche le azioni giapponesi hanno registrato buoni flussi in entrata, soprattutto da investitori nazionali, mentre quelli stranieri hanno ridotto le loro partecipazioni.
Nel reddito fisso, le obbligazioni emergenti in valuta forte hanno iniziato ad attrarre investimenti con i tagli dei tassi d'interesse della Fed.
Regioni e settori azionari: gli emergenti attraggono
Il consistente taglio dei tassi di interesse da parte della Fed annuncia un nuovo periodo di finanziamenti più convenienti, che promettono di rivitalizzare in particolare i mercati emergenti. Di conseguenza, alziamo da neutrale a sovrappeso le azioni dei mercati emergenti, Cina esclusa.
Le azioni dei mercati emergenti sono molto convenienti e svariati mercati mostrano una solida dinamica degli utili. Nel complesso abbiamo economie emergenti che crescono più velocemente dei Paesi sviluppati, dinamiche inflazionistiche favorevoli e allentamento monetario negli Stati Uniti in un contesto non recessivo: a nostro avviso ciò è sufficiente a compensare le preoccupazioni sui rischi elettorali statunitensi (si veda la Fig. 3). Sulla base delle variazioni degli utili per azione a 12 mesi e dell'ampiezza del mercato, i nostri parametri mostrano che la dinamica degli utili è più decisa per i mercati emergenti e il Giappone.
Nonostante gli ultimi sforzi di Pechino per risollevare l'economia del Paese ricorrendo a una serie di misure fiscali e monetarie, continuiamo a preferire il resto dei mercati emergenti alla Cina. Da un lato, i problemi della Cina sono profondi e richiedono un cambiamento strutturale piuttosto che soluzioni a breve termine come quelle offerte. La reazione delle azioni nazionali a queste misure è stata forte, tuttavia, la sostenibilità del rally dipende da come tali misure saranno attuate e portate a compimento dalle autorità. Inoltre, adesso che entriamo nella fase finale del ciclo elettorale statunitense, evitiamo di aggiungere esposizione agli asset più direttamente influenzati dall'incertezza legata all'aumento dei dazi e al commercio.
Nei mercati sviluppati, continuiamo a sovrappesare le azioni giapponesi. Gli utili societari giapponesi mostrano una dinamica migliore che non in altri Paesi e la valutazione del mercato resta interessante. Nel complesso, il mercato offre un'opportunità di investimento strutturalmente solida grazie a un'economia in uscita dalla deflazione e impegnata in cambiamenti di governance che dovrebbero incoraggiare ulteriori sforzi volti a migliorare il valore per gli azionisti. È probabile che eventuali apprezzamenti ulteriori dello yen siano solo moderati, il che dovrebbe limitare i rischi valutari sia per le aziende che per gli investitori. Il prossimo anno si prevede che l'economia giapponese cresca di circa l'1,4%: il doppio del suo potenziale.
Manteniamo l'esposizione alle azioni svizzere: il mercato è pieno di aziende negoziate a valutazioni molto interessanti e che offrono utili stabili; siamo inoltre sensibili all'esposizione alle qualità difensive di questo mercato che ci consentono di ottenere copertura dal nostro scenario centrale di atterraggio morbido.
Per il resto, abbiamo declassato da sovrappeso a neutrale i servizi di comunicazione. Grazie alle società tecnologiche statunitensi, dall'inizio dell'anno il settore ha sovraperformato del 23% il resto del mercato. Ma il rally rischia ora di esaurirsi. Gli utili societari non sono più un chiaro vento a favore, le valutazioni sono al massimo neutrali e i dati tecnici sono diventati negativi. Continuiamo a sovrappesare i titoli finanziari, che secondo le nostre previsioni beneficeranno di una curva dei rendimenti più ripida in seguito agli ulteriori tagli dei tassi da parte della Fed, nonché delle speranze di deregolamentazione. Robusti sono anche gli utili bancari. Sovrappesiamo ancora i servizi di pubblica utilità, che apprezziamo per le loro caratteristiche difensive, gli utili stabili e le valutazioni interessanti. Manteniamo il sottopeso sull'immobiliare: il settore dovrebbe finalmente beneficiare dei tassi d'interesse più bassi, ma rimane costoso e la domanda di immobili per uffici non è ancora ripartita.
Reddito fisso e valute: upgrade del debito dei mercati emergenti
I tagli dei tassi statunitensi sono ormai una realtà e il panorama del reddito fisso sta cambiando. Prevediamo che le obbligazioni dei mercati emergenti saranno uno dei beneficiari principali del cambiamento della politica monetaria della Fed.
I rendimenti più elevati offerti nei Paesi in via di sviluppo diventeranno ancora più interessanti. In effetti abbiamo già visto una ripresa dei flussi verso questa asset class nelle ultime settimane, dopo il primo taglio dei tassi da parte della Fed. Inoltre, i tagli dei tassi statunitensi consentiranno ai mercati emergenti di allentare le proprie politiche monetarie, dando ulteriore slancio a queste economie caratterizzate da un rallentamento dell'inflazione e dove la stabilità finanziaria non è una delle preoccupazioni principali.
Le condizioni sembrano particolarmente favorevoli per le obbligazioni in valuta locale dei mercati emergenti, che promuoviamo a sovrappeso in previsione di un recupero delle valute dei mercati emergenti rispetto al dollaro.
Dovrebbero performare bene anche le obbligazioni societarie dei mercati emergenti denominate in dollari. La prospettiva dei nostri economisti per le economie emergenti è positiva e, inoltre, prevedono che l'attività commerciale sarà sostenuta da una ripresa del commercio globale. Eventuali aumenti dei prezzi delle materie prime potrebbero rivelarsi un ulteriore vantaggio. Abbiamo pertanto portato a sovrappeso le obbligazioni societarie dei mercati emergenti.
Nei mercati sviluppati, sottopesiamo le obbligazioni svizzere, che consideriamo care (secondo le nostre metriche di valutazione, sono state così costose rispetto ad altri titoli di Stato solo per il 30% del tempo). Anche se la Banca nazionale svizzera rispondesse con tagli dei tassi d'interesse a un rallentamento della dinamica dell'economia, la capacità della banca centrale di allentare la politica monetaria sarebbe limitata, considerato il livello già basso dei tassi.
Rimaniamo neutrali sui Treasury USA, la cui valutazione appare equa su base ventennale. La domanda di titoli di Stato statunitensi da parte degli investitori esteri rimane forte, ma per parte nostra vorremmo avere maggiore chiarezza sul probabile esito delle elezioni statunitensi prima di decidere se cambiare posizione. Detto questo, vediamo ancora del valore nei Treasury indicizzati all'inflazione (TIPS). Questi potrebbero offrire una protezione utile se l'inflazione statunitense si rivelasse più persistente del previsto nel medio termine (in particolare di fronte a tagli dei tassi).
A prima vista, le obbligazioni societarie dei mercati sviluppati sembrano un'asset class interessante in tempi di crescita economica modesta e inflazione in calo. Ma a un esame più attento, le valutazioni vanno da eque a costose: secondo noi, il margine per un ulteriore calo dei rendimenti obbligazionari è limitato e gli spread rimangono molto stretti rispetto ai livelli storici. Gli spread sull'investment grade USA, ad esempio, sono a 92 punti base rispetto alla media a 10 anni di 130. Il nostro posizionamento sul credito dei mercati sviluppati è pertanto neutrale, sia per quanto riguarda l'investment grade che l'high yield.
Nei mercati valutari, teniamo una posizione neutrale sul dollaro rispetto a quasi tutte le principali valute dei mercati sviluppati, in quanto l'incertezza sulle elezioni statunitensi getta ombra sulle prospettive a breve termine per il biglietto verde.
Un'eccezione è l'euro, che abbiamo declassato a sottopeso a fronte del netto rallentamento dell'economia nell'eurozona (per il prossimo anno prevediamo ora una crescita di appena l'1,3%, in calo dall'1,5% di un mese fa). L'atteggiamento della BCE è rimasto aggressivo pur tagliando i tassi d'interesse. Tuttavia, ci aspettiamo presto una svolta accomodante della banca centrale mentre l'inflazione continua a scendere, con conseguenti ulteriori tagli dei tassi che potrebbero esercitare pressione al ribasso sull'euro.
Manteniamo il nostro sovrappeso sull'oro, che prosegue la sua corsa a nuovi massimi da record nonostante valutazioni e posizionamento siano sempre più tirati (le posizioni long nette sono attualmente ai massimi dal 2017). I tagli dei tassi da parte della Fed (e di BCE e Bank of England) riducono il costo opportunità di detenere asset non redditizi come l'oro e fungono da catalizzatore per una ripresa della domanda finanziaria tramite i flussi in entrata sugli ETF. L'oro appare tatticamente ipercomprato, ma sfrutteremo ogni sua flessione per ampliarne la nostra allocazione strategica.
Panoramica dei mercati globali: l'azionario cresce ancora
Negli ultimi giorni del mese, le azioni cinesi sono salite vertiginosamente grazie alla reazione degli investitori alla decisione di Pechino di dare slancio alla sua economia in difficoltà con stimoli monetari e fiscali diffusi. Le azioni dei mercati emergenti asiatici hanno guadagnato un ulteriore 7% su base mensile in valuta locale, in gran parte grazie a un balzo dell'8,5% realizzato in una sola seduta dall'indice cinese delle blue chip, CSI 300, totalizzando un +22,7% su base annua, e superando persino il mercato statunitense.
Gli sforzi delle autorità cinesi hanno fatto seguito al taglio di 50 punti base del tasso dei Fed Funds, che ha dato il via a una fase di allentamento monetario che si prevede costante. Le azioni statunitensi (e, in certa misura, quelle globali in generale) sono state stimolate dal fatto che, malgrado l'entità del taglio, l'economia sembra destinata, nel peggiore dei casi, a un atterraggio morbido. Le azioni statunitensi hanno guadagnato il 2,2% nel mese (+21,7% su base annua e una serie di nuovi massimi record, si veda la Fig. 5) e le azioni globali il 2,0%.
A livello settoriale, i titoli dei beni di consumo voluttuari hanno guadagnato il 7% nel mese, sostenuti dal miglioramento delle prospettive per l'economia globale. I titoli energetici, d'altra parte, sono scesi del 3,5% parallelamente alla continua discesa dei prezzi del petrolio, parzialmente dovuta alla solidità delle scorte; su base annua, il petrolio è a oggi sceso di oltre il 7%.
Le misure monetarie su entrambe le sponde del Pacifico hanno favorito le obbligazioni. Le obbligazioni globali sono salite di circa l'1% nel mese, con quelle locali dei mercati emergenti a registrare una performance particolarmente favorevole (un +3% abbondante), mentre le obbligazioni in valuta forte dei mercati emergenti sono attualmente in positivo di poco più dell'8,5% su base annua. Il debito societario è salito in ogni ambito, mercati emergenti e sviluppati, debito high yield e investment grade, guadagnando tra l'1% e l'1,7% nel mese.
Le valute hanno guadagnato terreno rispetto al dollaro, che ha perso quasi l'1% nel mese; particolarmente bene sono andate le valute delle materie prime non petrolifere, come il real brasiliano e il dollaro australiano. I prezzi dell'oro sono saliti di un ulteriore 5%, registrando un aumento del 27,5% rispetto all'anno precedente.