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Portare l’economia circolare nell’ambiente costruito
A dieci anni Thomas Rau aveva già capito quale sarebbe stata la sua filosofia di vita. Mentre era ad un barbecue con gli amici, cominciò a piovere. Per ravvivare il fuoco, prese una tanica di benzina e la versò sul grill. Gli scoppiò in mano, provocandogli gravi ustioni su tutto il corpo. Rimase un anno in ospedale, perlopiù da solo al buio. «Credevo di andare incontro a morte certa», racconta, «ma poi mi resi conto che tutto passa e che la vita è un dono.»
La transitorietà della vita è un concetto che ha influenzato tutta la sua carriera di architetto e intellettuale. RAU, lo studio che ha creato ad Amsterdam nel 1992, da anni all’avanguardia dell’edilizia sostenibile a emissioni zero, ha progettato uno dei primi edifici che hanno dato in affitto i tetti per produrre energia e, in seguito, uno stabile, allora unico nel suo genere, con un sistema di ventilazione basato sui livelli di CO2. All’inizio «è stata dura», afferma. Negli anni Novanta la sostenibilità era un mercato perlopiù di nicchia. «Penso che alcuni mi prendessero in giro. Dicevano: ‘Lui crede nella sostenibilità, noi invece ci occupiamo di architettura, quella vera’», aggiunge.
Per anni, spiega, è stato difficile convincere i clienti a sposare questo approccio intransigente, ma quando poi la sostenibilità ha cominciato ad essere sdoganata, ha avvertito un senso di frustrazione. «Ero sicuro che la sostenibilità fosse lo strumento giusto per innescare il cambiamento, ma poi ho iniziato a sentirmi sempre più a disagio. Abbiamo costruito tutti questi edifici, ma non è cambiato nulla. Com’è possibile?», racconta.
L’incontro a Davos con Ellen MacArthur l’ha spinto a ripensare la sua idea di economia circolare. L’ha infatti applicata all’ambiente costruito e ha messo a punto un approccio all’‘architettura con un potenziale circolare’. Partendo dal presupposto che il mondo è un sistema ‘a circuito chiuso’, con una quantità limitata di materiali, questo metodo edilizio considera le costruzioni un assemblaggio temporaneo di materiali che, se necessario, possono essere agevolmente reimmessi nella catena di fornitura per essere riutilizzati. Un principio perfettamente sintetizzato nella sede centrale di Triodos Bank realizzata in Olanda da RAU nel 2019: un vasto edificio in legno a uso commerciale tenuto insieme da 165 312 viti che può essere interamente smontato e ricostruito. Di nuovo, una struttura senza precedenti al mondo.
Se – per riprendere il termine usato da Rau – la sostenibilità era un ‘trucco’, l’architettura circolare presuppone un completo ribaltamento dell’approccio adottato finora dall’uomo, il quale deve realizzare che «su questo pianeta non è il padrone di casa, bensì un ospite». Insieme alla moglie Sabine Oberhuber, anche lei esperta di economia circolare, Rau ha creato Turntoo, una società che fornisce consulenza e assistenza alle organizzazioni desiderose di sviluppare un proprio modello aziendale ispirato a tali valori. Nel 2017 è stato inoltre tra i fondatori della Madaster Foundation che contribuisce a promuovere l’architettura circolare mettendo a disposizione strumenti per documentare, valutare e registrare materiali e componenti impiegati nella costruzione di edifici. L’approccio di Rau all’architettura circolare sta ora prendendo piede, proprio come all’epoca era andato in controtendenza con la sua idea di sostenibilità. Attualmente Madaster annovera nel suo registro quasi 3000 edifici di 1750 utenti in sette Paesi europei e in Giappone.
RAU conta tra i 15 e i 20 collaboratori, Turntoo tra i 5 e i 7, che non vengono selezionati in base all’esperienza, bensì all’atteggiamento mentale. Ad esempio, per un determinato progetto era necessario costruire un tetto d’acciaio di 6500 metri quadri. La scelta più ovvia sarebbe stato optare per una ditta specializzata la cui finalità aziendale però – spiega – è vendere quanto più, non quanto meno acciaio possibile. Ha preferito quindi rivolgersi a una ditta che fabbrica montagne russe da poter smontare, spostare e rimontare sistematicamente. «Ho pensato: ‘Immagina di costruire delle montagne russe orizzontali e di chiamarle tetto», dice Rau. «In questo modo abbiamo usato il 34,7% di acciaio in meno. »
L’architettura circolare ha molto da imparare dalla progettazione e dalla produzione industriale. Rau dispone di un team composto da numerosi designer capaci di pensare in termini di scalabilità. È stato inoltre consulente di una grande casa automobilistica. I veicoli prevedono una serie praticamente infinita di optional che permettono di personalizzarli e di dare l’impressione di unicità combinando in modo diverso gli stessi componenti presenti in magazzino. A suo avviso, anche gli edifici dovrebbero essere concepiti secondo una logica modulare. Se si semplifica il singolo componente – e se ne garantisce una congrua quantità – diventa meno costoso ordinarlo e più facile rivenderlo e riutilizzarlo al termine del ciclo di vita della struttura.
Uno dei principali ostacoli che si frappongono a un’ampia diffusione dell’architettura circolare e, in generale, dell’economia circolare è proprio l’atteggiamento mentale. Come si stabilisce se il costo di un progetto edilizio è contenuto o elevato? Per molti costruttori il criterio è ancora l’anticipo da versare. Un calcolo che Rau rimette in discussione: «Che cosa si intende per ‘contenuto’? L’obiettivo è investire una somma contenuta o sostenere spese di manutenzione contenute? Oppure creare il maggiore valore aggiunto alla fine del processo?» Un edificio circolare, fa notare, mantiene il proprio valore anche al termine del suo ciclo di vita.
Esistono due modi di promuovere l’architettura circolare: predisporre incentivi come quelli pensati per le auto elettriche e tassare maggiormente le emissioni di CO2. «Un edificio circolare produce infatti molta meno anidride carbonica», afferma Rau. «Gli stessi materiali possono essere riutilizzati più volte.» Ma il terzo modo è educare i consumatori e incoraggiarli a cambiare mentalità, proprio come ha fatto lui. «Lo strumento giusto per favorire questa trasformazione non è la sostenibilità, bensì l’ottimizzazione dell’attuale sistema. Solo cambiando l’architettura del sistema si potrà innescare un cambiamento radicale. E a mio parere quel che serve è proprio un cambiamento radicale.»
Thomas Rau
Ottiene un contratto di un anno come assistente progettista presso l’Architectural Office for Human Ecology.
Si laurea in architettura alla RWTH dell’Università di Aquisgrana.
Crea ad Amsterdam RAU, uno studio di architettura all’avanguardia dell’edilizia sostenibile a emissioni zero.
Insieme alla moglie Sabine Oberhuber fonda la società di consulenza Turntoo.
Esce in olandese la prima edizione di ‘Material Matters’ di Thomas Rau e Sabine Oberhuber. Solo sei anni dopo sarà pubblicata la tanto attesa traduzione inglese.
È tra i fondatori della Madaster Foundation che contribuisce a promuovere l’architettura circolare.
RAU realizza il primo edificio a uso commerciale in legno che può essere interamente smontato e ricostruito.