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Barometro: le nuvole si diradano
Asset allocation: la resilienza viene premiata
È tutta una questione di prospettive.
A prima vista, il fatto che gli utili societari siano calati rispetto all'anno scorso non sembra essere una buona notizia. Tuttavia, i numeri riportati finora per il secondo trimestre hanno superato ampiamente le aspettative degli analisti. Incoraggiati da questo, gli analisti iniziano a rivedere le loro previsioni di profitti futuri e, per la prima volta in un anno, le revisioni al rialzo superano quelle al ribasso.
È possibile scorgere simili segnali di resilienza anche altrove. Il rischio di recessione permane, ma le probabilità di evitarla sono aumentate rispetto a un mese fa. L'economia cinese ha rallentato, ma il governo ha mostrato una certa disponibilità a fornire un sostegno alla zoppicante ripresa.
Tutto ciò ci rende un po' più ottimisti sulle prospettive per le azioni globali; di conseguenza, la nostra posizione passa da sottopeso a neutrale. Per arrivare a un sovrappeso, avremmo bisogno di prove di una riaccelerazione dell'economia globale e non solo di una stabilizzazione. E finora non ne scorgiamo.
Allo stesso tempo, abbiamo ridotto il peso della liquidità. L'attesa discesa dei rendimenti nei prossimi mesi (una volta raggiunto il picco della stretta monetaria delle banche centrali) ci suggerisce che questo è il momento giusto per spostarsi dalla liquidità e assicurarsi tassi relativamente ancora alti offerti dal mercato obbligazionario, che sovrappesiamo.
I nostri indicatori di attività commerciale segnalano un atterraggio morbido per l'economia globale.
La performance dei mercati emergenti (ME) continua a farla da protagonista. I Paesi emergenti hanno iniziato a contrastare l'inflazione prima di quelli sviluppati e ora assistono a un rimbalzo della crescita. La debolezza persistente del dollaro USA e il probabile raggiungimento del picco dei tassi d'interesse statunitensi daranno un ulteriore aiuto alle economie in via di sviluppo, dall'America Latina all'Asia.
Prevediamo che la crescita dei mercati emergenti supererà del 2,6% quella dei Paesi sviluppati quest'anno e del 3,4% nel 2024, facendo di gran lunga meglio della media mobile su 5 anni. Ciò sostiene il nostro sovrappeso sia delle azioni dei mercati emergenti che delle loro obbligazioni in valuta locale.
Nel mondo sviluppato, alcuni segnali favorevoli sono giunti dall'economia statunitense, i cui dati recenti hanno sorpreso in positivo. Tuttavia, temiamo che questa dimostrazione di forza sia oramai superata e prevediamo una crescita anemica per tutto il 2024.
Le prospettive per l'eurozona, nel frattempo, sono meno incoraggianti che non qualche mese fa. Il crollo dei prezzi dell'energia non si è tradotto in un aumento del reddito disponibile e la prevista ripresa della spesa al consumo appare ora meno probabile, dato che i costi di finanziamento sono in procinto di raggiungere i massimi degli ultimi dieci anni. La debolezza della domanda cinese, inoltre, si sta traducendo in un rallentamento delle esportazioni europee, aggravando così la recessione del comparto manifatturiero.
Tutto ciò accresce la nostra prudenza nei confronti delle azioni europee.
I nostri modelli di liquidità indicano come le disponibilità liquide vadano diminuendo nella maggior parte delle principali economie sviluppate. Ciò è tuttavia compensato da un allentamento delle condizioni monetarie in Cina.
Il nostro atteggiamento positivo verso gli asset dei mercati emergenti potrebbe rafforzarsi ulteriormente qualora la Cina allentasse ancora la sua politica monetaria. Prevediamo l'introduzione di una serie di misure in questo senso nei mesi estivi, in particolare in ambito infrastrutture ed edilizia abitativa.
I nostri modelli di valutazione offrono ulteriori ragioni di ottimismo per gli asset dei mercati emergenti. In ambito azionario, le valutazioni dei mercati in via di sviluppo sono ora doppiamente positive dopo la recente sottoperformance. Particolarmente interessanti appaiono le azioni dell'area LatAm.
In altre regioni, tuttavia, le azioni sono a livelli storicamente costosi e le obbligazioni offrono un valore migliore dal punto di vista strategico.
Per le azioni statunitensi, ad esempio, il rapporto P/E a 12 mesi è di circa il 25% superiore alla nostra previsione a lungo termine (pari a 16 volte). Tuttavia, vediamo nel breve termine un potenziale di superamento del fair value a fronte di un calo delle revisioni degli utili (si veda la Fig. 2) e del raggiungimento di un picco dei tassi di riferimento delle banche centrali. Sia i nostri modelli che l'analisi del FMI segnalano che la probabilità di una recessione negli Stati Uniti è scesa e ulteriori prove di un rallentamento dell'inflazione potrebbero aggiungere slancio.
Gli indicatori tecnici suggeriscono, inoltre, che le azioni potrebbero salire ancora un po' nonostante valutazioni già alte. I trend azionari sono positivi e l'ampiezza del mercato nonché il numero dei titoli che hanno partecipato al rally sono aumentati nel mese di luglio.
Tuttavia, il calo della volatilità del mercato azionario è motivo di preoccupazione. In estate, i volumi di negoziazione sono di solito bassi e, quindi, basta poco per provocare un peggioramento improvviso delle condizioni, che potrebbe potenzialmente cogliere alla sprovvista gli investitori più ottimisti. Considerato il posizionamento del mercato, una qualsiasi mossa in tal senso potrebbe avere effetti particolarmente dolorosi: i volumi netti di opzioni call1 sull'S&P 500 sono ai massimi degli ultimi due anni, mentre il sentiment degli investitori retail è euforico, con uno spread bull-bear AAll2 nel decile superiore. Ciò conferma la nostra decisione di assumere una posizione neutrale e non sovrappesata.
[2] Differenza tra la percentuale di investitori con aspettative a breve termine positive sulle azioni statunitensi (bull) e quelli con aspettative negative (bear).
Regioni e settori azionari: i mercati emergenti offrono più valore
Dal canto loro, le azioni emergenti continuano a brillare.
Le economie emergenti godono di una crescita economica migliore e di valutazioni più interessanti rispetto ai Paesi sviluppati.
In questi mercati, l'inflazione sta calando più rapidamente rispetto ai Paesi più industrializzati, il che potrebbe indurre le banche centrali locali a iniziare a tagliare i tassi d'interesse, soprattutto in America Latina e nell'Europa emergente.
In Cina, sembra che i policymaker siano più disposti che in passato a sostenere l'economia; finora si erano solo limitati a provvedimenti mirati in settori selezionati.
Le nostre previsioni di crescita degli utili per quest'anno e il prossimo vedono le economie emergenti in cima alla classifica, con un 12% annuo, quasi il doppio rispetto al Giappone, che è la più forte delle economie sviluppate.
Per di più, le azioni emergenti dovrebbero beneficiare di un deprezzamento secolare del dollaro USA, che crediamo si realizzerà nei prossimi anni.
Ci aspettiamo, quindi, una sovraperformance delle azioni dei mercati emergenti che continuiamo a sovrappesare, a esclusione della Cina.
Resta infatti invariata la nostra posizione neutrale sulla Cina, nell'attesa di ulteriori prove di una ripresa della spesa al consumo e di un recupero del settore immobiliare.
Per cominciare a sovrappesare le azioni cinesi sarà necessario assistere a una stabilizzazione delle relazioni tra Stati Uniti e Cina.
Le prospettive per i titoli sviluppati sono invece contrastanti, soprattutto perché sembra che gli investitori stiano correndo troppo quando si tratta di quelle parti del mercato considerate cicliche e orientate alla crescita.
Riteniamo che l'ampliamento dei multipli dei mercati sviluppati sia stato esagerato. Il nostro modello indica che, nel prossimo anno, la crescita degli utili delle aziende del mondo sviluppato si indebolirà rispetto all'anno in corso.
D'altro canto, l'analisi della liquidità mostra che le quotazioni azionarie dei mercati sviluppati sono aumentate del 25%, più del doppio di quanto implicato dal livello di liquidità in eccesso, ovvero dalla differenza tra l'aumento dell'offerta monetaria e la crescita del PIL nominale.
Ciò è avvenuto in particolare negli Stati Uniti, dove i multipli azionari hanno di gran lunga superato il livello che consideriamo sostenibile. Gli utili statunitensi a 12 mesi si attestano a 20 volte, quasi il 25% in più rispetto al fair value da noi stimato.
Le prospettive economiche statunitensi cominciano a diventare incerte, in quanto la politica monetaria più rigida e il rallentamento della spesa per i consumi indicano una crescita inferiore al suo potenziale nei prossimi trimestri.
Detto questo, le pressioni inflazionistiche continuano ad allentarsi; inoltre, è probabile che l'ottimismo relativo all'impatto dell'IA continui a sostenere multipli ben superiori ai fondamentali ancora per un po' di tempo. In considerazione di tutto questo, confermiamo la nostra posizione neutrale sugli Stati Uniti.
Abbiamo portato la posizione sull'Europa a sottopeso. L'economia resta debole, la Germania è in recessione e i segnali di una ripresa della crescita economica e degli utili societari sono pochi. Inoltre, la forza dell'euro è di ostacolo alle esportazioni.
Continuiamo a prediligere aziende e settori dotati di alta redditività, buona prevedibilità degli utili e basso indebitamento, caratteristiche spesso riscontrate in società "quality", che hanno in genere un buon andamento in un contesto di incertezza e bassa crescita.
La Svizzera vanta un'elevata concentrazione di aziende di qualità, ad esempio, tra i produttori di beni di consumo. Per questa ragione continuiamo a sovrappesare le azioni svizzere.
La fase più recente del rally di mercato è stata trainata dai titoli growth (vale a dire quelli che vedono una crescita degli utili più rapida rispetto al mercato), in particolare nel comparto tecnologico, che è aumentato di quasi il 40% dall'inizio dell'anno e che, nelle ultime quattro settimane, ha attratto i maggiori flussi in entrata.
Di conseguenza, i prezzi di questo gruppo di titoli sono diventati incandescenti, avendo scontato la prospettiva di utili più elevati e tassi d'interesse più bassi. Per questa ragione, abbiamo portato da sovrappeso a neutrale il settore tecnologia.
Stiamo riducendo la nostra posizione di sottopeso nei titoli finanziari, incoraggiati dalla prospettiva di una solida raccolta di proventi dai prodotti creditizi da parte delle grandi banche.
Per il resto, continuiamo a sovrappesare i servizi di comunicazione e i beni di prima necessità (settori di alta qualità e difensivi), per i quali prevediamo una buona performance nell'attuale contesto economico.
Reddito fisso e valute: la sterlina levita
La risalita della sterlina dallo scorso ottobre sembra sfidare la forza di gravità. Ma ci chiediamo quanto ancora durerà. A fronte di ciò, abbiamo ridotto la nostra posizione sulla divisa inglese da neutrale a sottopeso.
Dopo essere rimasta in una fascia di oscillazione abbastanza ristretta negli ultimi anni (all'incirca del 10% su base ponderata per gli scambi), la valuta britannica ha bucato i livelli degli ultimi nove mesi (si veda la Fig. 4). La sterlina è salita di circa il 16% dai minimi raggiunti durante la crisi dei titoli di Stato innescata dall'ex Primo Ministro, Liz Truss, nel settembre 2022. Sebbene ciò rifletta in parte la contemporanea debolezza del dollaro, la sterlina è stata trainata anche dalla risposta nervosa, ma in fin dei conti considerevole, della Banca d'Inghilterra (BoE) all'assillante persistenza dell'inflazione nel Regno Unito. Le aspettative sul livello terminale dei tassi che la BoE toccherà e sulla durata di tali rialzi sono progressivamente aumentate.
Riguardo alla possibile spirale salari-prezzi, l'incubo delle banche centrali, vediamo al momento pochi segnali che suggeriscono che il Regno Unito ne sia preda. In effetti, i mercati sono rimasti sorpresi dal primo dato dell'inflazione più basso delle attese e, per i prossimi mesi, prevediamo ulteriori dati a conferma della nostra previsione di deciso calo. I prezzi dei beni sono scesi come nelle altre economie, i prezzi pagati dalle aziende manifatturiere sono sul punto di diventare decisamente deflazionistici, mentre le previsioni inflazionistiche dei consumatori si sono bruscamente invertite: tutti segnali di un alleggerimento del problema dei prezzi nel Regno Unito.
Tuttavia, i rialzi dei tassi hanno iniziato a intaccare le previsioni di crescita. Rispetto alle altre principali economie, le sorprese economiche britanniche sono diventate sempre meno positive e rischiano di trasformarsi in vere e proprie delusioni nei prossimi mesi. Gli indicatori anticipatori si sono invertiti di netto e il mercato del lavoro si sta indebolendo, anche se da livelli molto solidi. Riteniamo che gli investitori in sterline inizieranno a scontare una prospettiva economica sempre più complessa.
Per quanto riguarda il dollaro, sebbene abbia perso terreno in misura sostanziale nel corso dell'ultimo anno, in base ai nostri modelli, l'effetto è stato quello di passare da sopravvalutato a semplicemente prezzato in modo equo. Il biglietto verde continua comunque a non essere un buon affare.
In parte, la debolezza del dollaro è stata causata dal fatto che, tra tutte le principali banche centrali, la Federal Reserve statunitense sembra essere quella più avanti nella lotta all'inflazione. Dopo l'ultimo rialzo, i mercati si aspettano che le prossime mosse della Fed contemplino un taglio. I nostri economisti ritengono che l'effetto dei tassi più elevati inizierà a essere avvertito in tutta l'economia nei prossimi trimestri, anche se il rallentamento non dovrebbe arrivare sino a una recessione. Ciò include il settore corporate, che è finora riuscito a fare bene. Ma anche se gli utili sono stati positivi, le prospettive per le vendite stanno iniziando a peggiorare e quelle per i margini continuano a essere negative.
Tutto questo, combinato a rendimenti aggiuntivi minimi della liquidità, è alla base della nostra decisione di ridurre da sovrappesato a neutrale il nostro posizionamento nei confronti del credito investment grade statunitense.
L'indebolimento del dollaro è positivo per gli asset dei mercati emergenti e quindi continuiamo a sovrappesare le loro obbligazioni in valuta locale. Una valuta domestica forte facilita i governi dei mercati emergenti nell'onorare il debito denominato in dollari, il che, a sua volta, riduce il rischio sovrano per gli investitori.
Panoramica sui mercati globali: i "magnifici sette" al comando
A luglio, i titoli azionari hanno proseguito il loro rally, che ha portato gli utili di quest'anno al 18%; tutto ciò grazie al forte andamento degli utili delle aziende maggiori e ai dati che indicano un rallentamento dell'inflazione, i quali hanno spinto gli investitori a moderare il loro pessimismo sulle prospettive dell'economia globale.
La performance migliore è stata quella del mercato azionario statunitense, con l'indice Dow Jones Blue Chip che, grazie ai solidi risultati degli utili del secondo trimestre, ha registrato un segno positivo per 13 giorni consecutivi per la prima volta dal 1987.
Tra i migliori contributor di performance di luglio troviamo le azioni del comparto energy, con i prezzi del petrolio che hanno registrato gli utili mensili migliori da gennaio 2022, grazie al sostegno giunto dai segnali di una stretta dell'offerta globale e di un aumento della domanda verso la fine dell'anno.
Ma la migliore performance settoriale è stata quella dei servizi tecnologici e di comunicazione, che dall'inizio dell'anno hanno attirato i maggiori flussi di capitale da parte degli investitori.
Per dirla tutta, il rally di quest'anno dell'indice S&P 500 è stato guidato solo da una manciata di società: una leadership di così poche aziende non si vedeva dal 1980. Tutt'oggi, le azioni dei cosiddetti "magnifici sette" (Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla) sono salite del 68% da inizio 2023; il resto dell'indice S&P ha guadagnato solo il 6%.
Storicamente, le leadeship composte da un numero così ristretto di società rendono il mercato vulnerabile a improvvisi cambiamenti del sentiment o a scossoni imprevisti.
Il miglioramento delle prospettive economiche ha risollevato le obbligazioni societarie su entrambe le sponde dell'Atlantico; il debito high yield ha sovraperformato lievemente la controparte investment grade.
L'ampio indebolimento del dollaro ha causato un rally generalizzato degli asset emergenti, con il debito in valuta locale che è cresciuto di quasi il 3% su base mensile, portando gli utili di quest'anno sopra al 10%.
Dopo il taglio dei tassi d'interesse per 100 punti base in Cile (ben superiore alle previsioni), sono aumentate le aspettative di un allentamento della politica monetaria da parte delle banche centrali in America Latina e in alcune parti dell'Asia al fine di sostenere la crescita.
La borsa di Tokyo e lo yen hanno chiuso il mese in rialzo di oltre l'1%, mentre i rendimenti dei titoli di Stato giapponesi sono schizzati al massimo degli ultimi nove anni dopo che la Bank of Japan ha modificato il proprio sistema di controllo della curva dei rendimenti, compiendo un primo passo verso una normalizzazione della sua politica monetaria.
La BOJ ha riformulato l'offerta d'acquisto dei titoli di Stato giapponesi a 10 anni a tassi superiori al precedente livello target dello 0,5%, mantenendo invariato il tasso di riferimento a breve termine al -0,1% e i rendimenti obbligazionari a lungo termine a zero.
L'oro ha toccato il massimo delle ultime otto settimane, con l'aumento delle aspettative che la Federal Reserve avrebbe messo fine alla politica di stretta monetaria più aggressiva in oltre quarant'anni dopo il suo ultimo rialzo dei tassi d'interesse a luglio.